
Negli ultimi tempi, soprattutto in Italia, si stanno diffondendo sempre di più i freelancer, ovvero lavoratori autonomi che possono prestare i propri servizi a privati e ad aziende ma come collaboratori esterni, senza cioè esserne assunti. Non facendo capo a nessuna impresa e non essendo dipendenti da nessun datore di lavoro, per poter fatturare i loro guadagni e lavorare legalmente, questi soggetti devono necessariamente possedere la partita IVA.
Ma la partita IVA cos’è? Si tratta di un codice numerico di undici caratteri che identifica in modo univoco ogni lavoratore autonomo o l’attività di cui è titolare. Il codice della partita IVA serve come riferimento per poter pagare una tassa sui guadagni derivati dalla vendita dei servizi del lavoratore. Questa tassa è chiamata, appunto, IVA, acronimo che sta per “Imposta sul Valore Aggiunto” ed è un contributo che in realtà non ricade sui lavoratori autonomi, ma sugli acquirenti dei loro beni o servizi. L’imposta, infatti, che di norma corrisponde al 22% del costo del prodotto deciso dal venditore, è applicata al prezzo del prodotto stesso (detto prezzo imponibile) e saranno quindi i consumatori finali a doverla pagare. Il lavoratore autonomo venderà quindi le sue prestazioni e i suoi articoli al 22% in più rispetto al costo di base, ma dovrà poi versare tale percentuale allo Stato.
Agevolazioni della partita IVA
Dalla somma che deve versare allo Stato, tuttavia, il lavoratore può sottrarre l’IVA che a sua volta ha pagato nell’acquisto dei beni che ha rivenduto al cliente o degli strumenti che ha utilizzato per fornire i suoi servizi. Di conseguenza il lavoratore renderà allo Stato la somma di denaro guadagnata dall’imposizione dell’IVA ai suoi prodotti, meno l’IVA da lui stesso pagata per comprare gli stessi prodotti dai suoi fornitori.
Chi ha la partita IVA
Non sono soltanto i freelancer a dover aprire la partita IVA, ma in generale tutti coloro che svolgono un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, cioè che non dipendono da un datore di lavoro e che esercitano tale attività in modo continuativo e abituale. In questa definizione, quindi, rientrano ad esempio i liberi professionisti, artigiani, commercianti, venditori fisici o attraverso e-commerce e, appunto, i freelancer.
Ne è escluso, invece, chi guadagna solo saltuariamente dalla vendita di un proprio servizio. In questo caso si tratta solo di prestazioni occasionali per le quali, non necessitando di fatturazione, non bisogna possedere una partita IVA. Le prestazioni occasionali che non comportano incassi superiori a 5 mila euro in un anno permettono al lavoratore autonomo percipiente di essere esonerato dal versamento dei contributi previdenziali.
Come aprire una partita IVA
Aprire la partita IVA è un procedimento che si può attuare da soli, sia di persona presentandosi con un documento d’identità presso lo sportello di una sede dell’Agenzia delle Entrate, sia telematicamente scaricando un software dal sito dell’Agenzia delle Entrate. È sempre consigliato, tuttavia, farsi aiutare da un commercialista, oppure rivolgersi a un Centro di Assistenza Fiscale (CAF).
Per presentare la domanda di apertura dovrà essere compilato un modulo apposito, nello specifico le persone fisiche (come i lavoratori autonomi) dovranno ricorrere al modello AA9/12.
Sul modulo bisognerà anche indicare il codice ATECO, ovvero un identificativo alfanumerico che serve a distinguere le diverse attività economiche. Il lavoratore, sulla base del tipo di attività che intende svolgere o dei servizi che desidera offrire, dovrà riportare il relativo codice, che potrà scegliere all’interno di una lista disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Scegliere il regime fiscale: forfettario, semplificato e ordinario
In fase di compilazione del modulo, sarà richiesto anche il tipo di regime fiscale che si desidera scegliere, ovvero la tipologia di regole e di requisiti nella tenuta della contabilità che il possessore di partita IVA deve rispettare per esercitare in modo legale la sua professione. La scelta dipende da una serie di fattori, tra cui la tipologia di attività che si desidera svolgere e il volume di affari che si programma di avere, ma per sapere quale sia il regime più conveniente per il tuo lavoro è consigliabile consultare un commercialista.
Esistono tre principali categorie di regime fiscale:
1- Regime forfettario: per i liberi professionisti che non hanno ricavi o compensi annui superiori a 65.000 €. Inoltre, le spese per il personale dipendente o per collaboratori non devono superare i 20.000€. Tale regime permette di godere di una tassazione minore, di una riduzione dei contributi previdenziali e di vantaggi nel pagamento dell’imposta sul reddito.
2- Regime semplificato: è un regime contabile che prevede obblighi di contabilità ridotti rispetto al regime ordinario. È meno conveniente del regime forfettario, ma le sue caratteristiche lo rendono ideale per le partite IVA minori, con ricavi compresi tra 65.000 euro e massimo 400.000 euro oppure 700.000 euro (a seconda dell’attività).
3- Regime ordinario: si tratta di un regime fiscale al quale sono tenuti ad aderire alcune società ed imprese di grandi dimensioni e le persone fisiche che esercitano attività commerciali che superano i predetti limiti di fatturato. I liberi professionisti possono adottare uno dei regimi tra contabilità ordinaria, semplificata o regime forfettario. Il regime creato apposta per i professionisti e i lavoratori autonomi è quello semplificato, tuttavia il soggetto può passare alla contabilità ordinaria, se la ritiene più adatta al tipo di attività svolta. Qualora i redditi annuali non superino determinate soglie, può invece essere conveniente adottare il regime forfettario.
Costi della partita IVA
Come si è detto, aprire la partita IVA è completamente gratuito, con l’eccezione di alcuni costi amministrativi e degli eventuali costi di consulenza qualora ci si affidi all’aiuto di un esperto. Le spese, invece, per mantenere la partita IVA variano in base al regime fiscale, ma in generale comprendono:
– Pagamento annuo di un commercialista che fornisce assistenza, tiene la contabilità e realizza la dichiarazione dei redditi (si va da qualche centinaio d’euro a un migliaio).
– Le tasse che, come si è visto, possono dipendere dal regime fiscale che si è scelto. Le principali sono IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), IVA e IRAP (imposta regionale sulle attività produttive).
– I contributi previdenziali, la cui spesa può variare sensibilmente in base a quale categoria appartiene il lavoratore. Per alcune, infatti, il pagamento dipende da regole stabilite dalle casse previdenziali autonome, per altre da diversi enti e altre ancora fanno capo ad una gestione diretta da parte dell’INPS.
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