Come insegnare ai propri figli a gestire la paghetta

Quando si parla di educazione finanziaria, i livelli di competenza della popolazione italiana risultano, nel migliore dei casi, appena sufficienti. Il rapporto Edufin 2022, realizzato da un comitato di origine governativa, registra che, dovendo autovalutare le proprie conoscenze in ambito economico su una scala da 1 a 10, gli italiani si darebbero in media un voto di 5,05. In effetti non hanno tutti i torti: solo il 44,3% del campione intervistato risulta avere effettivamente un’alta conoscenza finanziaria. Secondo i parametri dell’indagine, rientrano in questa categoria tutti coloro che sanno cosa sia un tasso di interesse, l’inflazione e la diversificazione. Il dato diventa però ancora più preoccupante nella fascia tra i 18 e i 35 anni, dove si abbassa al 30,5%. La soluzione non può che essere una maggiore attenzione nell’educazione ai temi economici e finanziari.

Educazione finanziaria in famiglia

Se gran parte degli italiani (89,1%) è favorevole ad affidare questo ruolo alle scuole, in realtà l’educazione finanziaria potrebbe (o dovrebbe) partire già in famiglia. I dati, tuttavia, intervengono di nuovo a dimostrare che nelle famiglie italiane non si fanno molte attività per aumentare la consapevolezza dei figli sui temi economici e finanziari. Solo il 45% dei genitori, per esempio, parla di soldi e di risparmio con i propri ragazzi. Un buon metodo per cominciare a responsabilizzarli e a farli entrare nel mondo della gestione del denaro potrebbe essere fornire loro una paghetta settimanale o mensile, cosa che però viene fatta solo nel 39,5% dei casi.

Vantaggi e svantaggi della paghetta

Non tutti i genitori, quindi, sono d’accordo nel concedere la cosiddetta paghetta. In effetti, questo metodo educativo può avere dei pro e dei contro. Se è vero che è uno dei primi approcci alla gestione autonoma del denaro da parte dei giovani, allo stesso tempo potrebbe risultare altrettanto deleterio sul piano pedagogico se questi soldi vengono dati senza richiedere nessun tipo di impegno in cambio. Secondo alcuni esperti, infatti, non è così che li si abituerebbe a ciò che li aspetta nella vita reale, dove lo stipendio arriva solo in quanto ricompensa per un lavoro. La soluzione, allora, potrebbe essere che i genitori richiedano al ragazzo di fare qualche sforzo, come mantenere un comportamento corretto o aiutare con le faccende domestiche. Attenzione, perché gli esperti raccomandano di non includere la scuola in questo sistema di premi: l’impegno scolastico dovrebbe restare libero da condizionamenti e pressioni.

Posta questa premessa, i lati postivi nel concedere ai propri figli la paghetta sembrano comunque essere maggiori di quelli negativi. Se è il/la bambino/a a gestire il denaro che ha a disposizione e non dipende solo dal veto dei genitori, capirà meglio che ci sono dei limiti alle spese e che non potrà comprare tutto quello che vuole. Anche la psicoterapeuta Stefania Andreoli sostiene che il tema dei soldi andrebbe affrontato il prima possibile con i ragazzi, in modo da favorire e accelerare la loro indipendenza finanziaria.

Paghetta settimanale o mensile?

Affinché la paghetta assuma effettivamente un valore educativo, è indispensabile valutare le tempistiche. Innanzitutto, è fondamentale non concederla prima del termine stabilito: se si è deciso che verrà assegnata con una certa frequenza, che sia una settimana o un mese, dovrà essere rispettata. Quindi, se il denaro verrà speso subito, sarà necessario evitare di anticipare la paghetta del periodo successivo. Parte della lezione da imparare, infatti, è anche gestire il denaro in relazione al tempo, sapendo rinunciare agli acquisti impulsivi, inutili o eccessivi, e programmare le proprie spese sul lungo periodo.

Ma quanto spesso conviene dare la paghetta ai propri figli? Tendenzialmente dipende dall’età: quando sono più piccoli si consiglia guidarli verso una graduale autonomia nella gestione del denaro. Per far loro capire che le spese vanno dilazionate nel tempo, sarebbe quindi più opportuno adottare una cadenza settimanale. Una volta cresciuti e ormai allenati a valutare le proprie uscite sulla base di una scadenza a breve termine, si potrà aumentare la periodicità a una volta al mese. A questo punto, i giovani dovranno imparare a curare le spese con in mano più denaro e dovendole pianificare su un periodo più lungo.

Calcolo della paghetta: quali cifre e quando cominciare

Per quanto riguarda la somma e l’età a cui conviene cominciare a dare la paghetta, non ci sono dei parametri prestabiliti. Ogni famiglia concederà ai propri figli quanto denaro ritiene opportuno, regolandosi sulla base delle proprie possibilità economiche e sulle spese che si intende includere nella paghetta. A questo proposito, occorre decidere e accordarsi su quali tipologie di acquisti dovranno essere gestite in autonomia utilizzando la paghetta, per esempio l’acquisto di vestiti, sfizi, ricariche telefoniche, uscite serali o altro.

Come gestire una paghetta digitale

Un passo successivo da fare perché i ragazzi guadagnino sempre più familiarità con l’utilizzo del denaro, è fare in modo che si interfaccino anche con la gestione dei soldi del futuro, ovvero attraverso carte di debito o credito e pagamenti digitali. Come abbiamo spiegato in un altro articolo, infatti, i flussi di denaro attraverso strumenti elettronici saranno sempre più diffusi ed è quindi bene che i giovani imparino a usarli con dimestichezza fin da subito.

L’età adatta per mettere loro in mano un primo strumento digitale di pagamento, come detto in precedenza, non è prestabilita, ma potrebbe essere già intorno ai 12-13 anni. Anche in questo caso, si può cercare di abituare gradualmente i giovani partendo da pochi euro a settimana e, solo dopo, affidare loro più denaro mensilmente. Anche i minorenni, infatti, possono avere conti di pagamento o carte prepagate, che possono essere utili, per esempio, per viaggiare all’estero o per evitare di portare con sé troppo contante.



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